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Gli otto “Anga”, i rami dello yoga, tra modernità e tradizione

In questo Focus abbiamo avuto l’onore e il piacere di coinvolgere un grande professionista ed esperto di yoga, Jacopo Ceccarelli. Insegnante e formatore di yoga e meditazione dal 1995, nel 2001 Jacopo ha sviluppato l’approccio Anakulana, basato sulla ricerca del modo più naturale per praticare yoga e rendere questa disciplina accessibile a tutti.

Nel video che ha preparato vi racconterà non solo di come lo yoga ha cambiato la sua vita, ma anche dei suoi studi riguardo all’evoluzione di questa disciplina, analizzando uno ad uno gli otto “Anga”, i rami che la compongono, che rappresentano i precetti della filosofia tradizionale.

Di seguito vi lasciamo un breve estratto del video di Jacopo in cui sono riportati i seguenti aspetti:

Guarda il video e lasciati ispirare dalle parole di Jacopo Ceccarelli!

Com’è cambiato lo yoga negli anni?

Lo yoga è entrato nella mia vita come un’illuminazione, quando stavo affrontando alcune difficoltà esistenziali tipiche della giovinezza: avevo 25 anni, facevo il musicista e vivevo una vita molto sregolata.

Senza le risorse di conoscenza online di oggi, ho iniziato a studiare lo yoga attraverso i libri, immergendomi nei testi antichi come la Bhagavad-Gita e le opere di Patanjali.

Successivamente sono partito per l’India, in cerca di un mondo incantato e magico, dove ho incontrato invece una realtà cruda, interessante e trasformativa, che mi ha guidato verso un nuovo modo di guardare le cose.

In India ho avuto la fortuna di studiare e portare avanti la mia formazione insieme a insegnanti della tradizione, che mi hanno aiutato a mantenere una mente aperta riguardo ai cambiamenti nello yoga.

Già negli anni ’50, infatti, lo yoga ha iniziato a trasformarsi, influenzato anche dall’interazione con il mondo occidentale. Alcuni insegnanti indiani avevano cominciato a prendere spunto dalle pratiche fisiche dei militari inglesi, come la ginnastica svedese del metodo Ling.

Questo ha portato a una trasformazione per ciò che riguarda la parte fisica dello yoga, con un aumento, nel tempo, degli Asana, le posizioni. Studiando i testi antichi si scopre, in realtà, che in origine le posizioni fisiche erano molte meno. Questo recente cambiamento ha reso lo yoga più adatto all’uomo moderno, che spesso conduce uno stile di vita sedentario e tecnologico.

Il rischio di quest’evoluzione è però la perdita di contatto con quelli che sono realmente gli obiettivi originari dello yoga, che trascendono dalla forma fisica e corporea. Vediamo insieme, allora, quali sono i precetti fondamentali dello yoga tradizionale e come sono cambiati con la modernità.

Gli otto Anga dello yoga

Nel mio percorso di insegnamento ho sempre avuto a cuore di offrire agli studenti una panoramica completa su come lo yoga si sta evolvendo, specialmente negli ultimi anni, spinto dalla volontà di rispondere ai bisogni dell’uomo moderno.

Se, da un lato, la modernità e l’aumento delle posizioni fisiche ha ampliato ciò che facciamo quando pratichiamo yoga, dall’altro questo può in un certo senso aver “snaturato” ciò che era realmente la pratica nell’antichità.

Un tempo lo yoga era essenzialmente volto alla trasformazione della persona, mentre nella modernità viene spesso utilizzata come pratica per ottenere giovamenti fisici. Sono entrambi aspetti validi e benefici, ma credo che sia importante, per chi vuole realmente intraprendere un percorso autentico nello yoga, avere una visione a 360 gradi e comprendere qual era il significato e l’obiettivo di questa antica disciplina e come è cambiato negli anni.

Per fare ciò possiamo analizzare gli “Otto Anga”, gli otto rami, che rappresentano i precetti fondamentali dello yoga tradizionale, osservandone il significato originario e il loro adattamento al tempo presente.

Yama

Il primo ramo è composto dagli Yama, una serie di linee guida che ci aiutano a vivere in armonia con il mondo che ci circonda. Tra questi principi ci sono la non-violenza (Ahimsa) e la verità benevola (Satya).

Ogni Yama ha una profonda riflessione e va interpretato con attenzione per vivere una vita più armoniosa e significativa. Questi insegnamenti ci conducono verso un rapporto più equilibrato con la nostra persona e con il contesto in cui ci troviamo.

Ogni principio ha una sua complessità e profondità. Ad esempio, Ahimsa, che è comunemente tradotto come non-violenza, va oltre il semplice evitare l’uso della forza. A volte, in situazioni dove la violenza è già presente, potrebbe essere necessaria una forza diretta per contrastarla.

Satya, invece, ci invita a vivere la verità benevola, ad agire in modo che ogni nostra parola e gesto rifletta una realtà che contribuisca al benessere delle persone intorno a noi.

L’obiettivo di questi principi è vivere in armonia con noi stessi e con l’ambiente circostante, costruendo una vita basata sulla gentilezza, l’onestà e il rispetto.

Niyama

I Niyama compongono il secondo ramo dello yoga. Si tratta di cinque regole etiche volte a migliorare il rapporto con il nostro mondo interiore.

Ciò che differenzia Yama e Niyama è proprio questo: i primi sono visti come delle regole restrittive nei confronti del contesto esterno, mentre i secondi sono degli atteggiamenti positivi raccomandati per un rapporto sano con la propria persona e per migliorare la pratica.

Yama e Niyama compongono, insieme, la base filosofica dello yoga.

Ciò che di interessante possiamo adottare da questi precetti, aldilà di ciò che rappresentano nella tradizione antica, è la messa in pratica di uno stile di vita sano e rispettoso nei confronti di noi stessi e degli altri.

Il rispetto dei principi di Yama e Niyama, anche nel nostro tempo, può aiutarci a sviluppare armonia col nostro mondo interiore e con ciò che ci circonda. Queste sono le basi affinché possiamo, nel momento in cui ci dedichiamo alla pratica dello yoga, avere una mente serena e una coscienza a posto.

Asana

Il terzo ramo dello yoga è composto dagli Asana, le posizioni fisiche, ciò che a volte viene erroneamente confuso con lo yoga vero e proprio.

Quando ci sediamo sul nostro tappetino per praticare la parte degli Asana, che comprende anche altre pratiche fisiche come i kriya, i mudra e i bandha, dobbiamo essere consapevoli che queste pratiche, originariamente, erano insegnate solo quando l’allievo aveva già raggiunto un certo stile di vita e aveva sviluppato un certo livello di preparazione interiore.

Gli Asana, ripetuti più volte quotidianamente, avevano il potere di cambiare il sistema endocrino, nervoso e immunitario di una persona, influenzando anche il funzionamento dei sistemi psichici e le emozioni. Le posizioni non erano rivelate nella loro essenza totale a tutti, ma solo a coloro che avevano sviluppato una certa preparazione primaria.

Oggi, purtroppo, alcune posizioni sono state semplificate e commercializzate, e spesso sono eseguite senza rispettare i principi fondamentali dello yoga.

Un fatto che oggi non sempre viene considerato è che non tutti gli Asana si adattano a chiunque: la costituzione scheletrica, ayurvedica e il temperamento di una persona sono caratteristiche che influenzano la scelta delle posizioni più adatte.

Ciò che è importante comprendere è che non è necessario fare posizioni difficili o complicate per ottenere i benefici dello yoga. Ripetere e calibrare bene le posizioni sulla base delle proprie esigenze può portare benefici straordinari senza complicare eccessivamente la pratica.

Pranayama

Il Pranayama compone il quarto ramo dello yoga, ciò che viene dopo la preparazione corporea. Con gli Asana il torace è pronto ad aprirsi e a respirare correttamente.

Il Pranayama è uno strumento potente che ci permette di portare sotto controllo il Prana, l’energia vitale. Il suo scopo finale è fermare l’attività energetica nel corpo e calmare la mente.

Anche in questo caso esistono delle tecniche che vanno adattate alla costituzione di ciascun individuo. Per persone molto energiche sono indicate pratiche calmanti, per chi è più tranquillo e “lento”, invece, pratiche più stimolanti. Le variazioni riguardano il tipo di Pranayama, il numero dei cicli, gli orari e così via.

Gli yogi dell’antichità si ritiravano a vivere in caverne o in luoghi isolati per ridurre al minimo l’attività fisica e concentrarsi maggiormente sull’attività della mente e dello spirito.

Questo è il senso del Pranayama: non ha quindi lo scopo di aumentare l’energia, bensì di fermarla, permettendo così alla persona di intraprendere un lavoro molto più profondo sul piano mentale e spirituale.

Pratyahara

Pratyahara significa letteralmente “il ritiro dei sensi”. È una pratica che consiste nel liberare la mente, calmarla e creare spazio per porre il focus solo sulla nostra interiorità.

Il Pratyahara è uno stadio necessario per poter passare al sesto ramo dello Yoga, Dharana.

Dharana

Una volta calmata la mente si può passare al quinto ramo, Dharana, la concentrazione.

Dharana significa focalizzare la mente su un oggetto, che può essere, ad esempio, il respiro, escludendo tutto il resto. È paragonabile ad un concentrato di energia che ci rende più efficienti anche sul piano mentale.

Qui entra in gioco l’importanza di avere basi etiche solide, comportandosi in modo da mantenere la coscienza a posto e indirizzare la mente nei posti giusti. E con “posti giusti” si intendono i livelli più profondi della mente stessa, quelli in cui possiamo cominciare ad interagire con la nostra sfera spirituale.

Dhyana

Quando la mente è concentrata e potenziata in maniera efficace possiamo praticare Dhyana, la meditazione, che è la contemplazione della nostra natura spirituale.

Il termine Dhyana, che in Cina è diventato Chan e in Giappone Zen, si riferisce a una contemplazione profonda e concentrata, che esclude tutto il resto. In questa fase la mente viene indirizzata verso la profondità dell’essenza.

Samadhi

A questo punto, quando la mente è realmente ed efficacemente coinvolta in Dhyana, ciò che arriva è la pratica del Samadhi, l’ultimo degli otto rami dello yoga. È una profonda esperienza di unità e connessione con il divino, l’illuminazione.

Un mito da sfatare è che il Samadhi sia una meta raggiungibile solo quando tutto è perfettamente allineato. In realtà si tratta di una conseguenza a una pratica costante e quotidiana, ed esistono sette livelli di quest’esperienza.

Anche se il Samadhi più elevato, il Nirvana, è difficile da raggiungere mentre siamo ancora coinvolti nella vita materiale, i primi livelli di Samadhi possono essere sperimentati e vissuti da tutti noi. La mente si espande quando rallenta, si ferma e si focalizza su ciò che è giusto, permettendo alla coscienza di ampliarsi. E quando questo accade, facciamo esperienza di stati mentali e stati di coscienza molto gradevoli e piacevoli.

Un esempio potrebbe essere trovarsi davanti a un bellissimo tramonto, con un corpo calmo e rilassato, una mente vuota e serena, portando l’attenzione sulla bellezza della natura intorno a noi. In quel momento ci sentiamo connessi col tutto e percepiamo la presenza del divino. Questo è il primo livello del Samadhi, in cui sperimentiamo la presenza di ciò che significa per noi il divino, come amore, natura, armonia.

Immagina se ogni giorno riuscissimo a dedicare anche solo 5 minuti alla pratica di questa presenza del divino. Se lo facessimo regolarmente, mattina e sera, potremmo notare come la qualità della nostra giornata e del nostro sonno migliorerebbe notevolmente. Tuttavia, raggiungere questo livello di consapevolezza e connessione richiede una pratica completa e bilanciata di tutti gli otto rami che compongono lo yoga.

Dallo yoga tradizionale alla modernità

Trovo che ciò che arriva dagli insegnamenti antichi dello yoga tradizionale sia davvero interessante, soprattutto perché ad oggi non viene più rispettato l’ordine preciso degli otto Anga. C’è chi comincia subito con la pratica fisica oppure con la meditazione.

Negli ultimi decenni lo yoga è cambiato anche per ciò che riguarda la parte fisica, influenzato, nel tempo, dalla ginnastica occidentale. Così facendo si è avvicinato sempre di più alla pratica ginnica e all’esercizio fisico. Oggi si parla spesso dello yoga come una pratica per rinforzare gambe e braccia, quando la realtà di questa filosofia riguarda ben più ampi aspetti.

Lo yoga, inteso nel suo significato profondo, risveglia non solo il corpo ma anche la mente e lo spirito. È un percorso di evoluzione individuale, in cui diventiamo consapevoli della nostra natura e della nostra connessione con il divino. È una via per vivere appieno la nostra esperienza terrena, gioire di ogni momento e trarre il massimo da questa vita.

Dunque, lo yoga va oltre l’aspetto fisico ed è una pratica che coinvolge tutti i livelli dell’essere umano: corpo, mente e spirito. Per ottenere i veri benefici di questa disciplina è essenziale integrare tutte le componenti della pratica e seguire un percorso che ci aiuti a sviluppare una mente calma e una coscienza aperta alla spiritualità. Lo yoga ci invita a riconnetterci con la nostra vera natura, quella spirituale, e a vivere la nostra esperienza terrena in modo consapevole e gioioso.

Ti auguro di incontrare la magia dello yoga e di continuare il tuo cammino spirituale con gioia e serenità, nella speranza che questo Focus ti sia stato utile per comprendere ciò che realmente significa praticare!

Allena mente e corpo, eleva il tuo spirito!

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